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Eco Ego si indaga sugli appalti in altri comuni

Dopo lo scandalo rifiuti nel comune di Lacco Ameno vanno avanti le indagini che vedrebbero coinvolta la Eco Ego di Vittorio Ciummo. Sarebbero , dopo Monte di Procida, Lacco Ameno e Forio d’Ischia, altri cinque gli appalti per la raccolta della nettezza urbana in provincia di Napoli , finiti sotto la lente d’ingrandimento della magistratura per delle irregolarità. Indagini che vedono gli inquirenti concentrati sul titolare della Ego Eco arrestato nei giorni scorsi indagini che hanno portato ad inoltrare al Senato l’autorizzazione all’arresto di Domenico De Siano, coordinatore regionale di Forza Italia, e a notificare un avviso di garanzia a Luigi Cesaro, ex presidente della Provincia di Napoli. Torre del Greco, Marigliano, San Vitaliano, Afragola e Sant’Anastasia i comuni in cui si indaga sugli appalti dei rifiuti. Nelle intercettazioni ci finiscono regalini, rolex, e semenza. Il caso più grave riguarderebbe proprio il comune di Torre del Greco dove è stato necessario procedere a uno stralcio e inviare le carte alla Direzione distrettuale antimafia. L'articolo Eco Ego si indaga sugli appalti in altri comuni sembra essere il primo su Cronache della Campania.

ESCLUSIVA. Il pentito racconta: “Così i clan fecero votare Aliberti”

“Lei ha la possibilità di fornire notizie anche sull’amministrazione comunale di Scafati?”. “Sì, come… durante le votazioni, cose che appunto mi riferivano i Ridosso, l’attuale sindaco Aliberti, il fratello principalmente, ha fatto la campagna elettorale, viaggiava in macchina con dei membri della famiglia Sorrentino, detti i Campagnuoli”. La domanda è quella del sostituto procuratore della Dda, Maurizio Cardea. La risposta è quella di Pasquale Loreto, boss della camorra poi pentito che non ha mai spezzato il cordone ombelicale con Scafati. È il 2011 quando Loreto, finito nei guai per una vicenda accaduta in località protetta, ricomincia l’iter per il programma di protezione, avvia così un nuovo pentimento collaborando la Procura di Salerno che indaga sulle ingerenze criminali a Scafati. Nelle dichiarazioni di Loreto finiscono il figlio, Alfonso, che nel 1998 ha lasciato la località protetta ed è ritornato al paese natio, e i Ridosso, potente famiglia originaria di Castellammare coinvolta in episodi di usura, estorsioni e omicidi. La collaborazione di Loreto riguarda episodi criminali avvenuti dagli anni 2000 in poi, anni in cui ha continuato a mantenere rapporti oltre che con il figlio anche con i suoi amici, ha fatto affari – rivendendo auto nuove e usate – con concessionari della zona di Scafati e dei paesi limitrofi. È intervenuto per dare consigli, per risolvere le grane che il figlio e i Ridosso avevano con commercianti locali. Ha incassato proventi di tangenti e usura. Ma Loreto conosce anche fatti della storia recente scafatese che hanno innescato un’altra indagine: quella su possibili infiltrazioni della camorra nell’amministrazione. Un’indagine che ha portato, a settembre scorso, la Dda a effettuare delle perquisizioni a casa del sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, del fratello Nello, negli uffici della Regione della consorte di Aliberti, Monica Paolino, consigliere regionale, della segretaria comunale Immacolata Di Saia e del factotum del sindaco, Giovanni Cozzolino. Quelle dichiarazioni rilasciate da Loreto, il 14 settembre del 2011, sono frutto di una conoscenza diretta del controverso collaboratore. A raccontargli cosa succede, a rapportarlo sui nuovi equilibri criminali e non a Scafati sono il figlio Alfonso e i suoi fedeli amici: i Ridosso. E Loreto non ha dubbi: “Durante la campagna elettorale Aliberti è stato appoggiato dai Sorrentino”, dice. Iniziano ad uscire i primi nomi. Da quale Sorrentino chiede il magistrato. “Mi sembra… dal figlio di Francesco Sorrentino, … Salvatore…E da altri membri. Qualche altro nome adesso non mi sovviene”. I “campagnuoli”, potente clan familiare che secondo Loreto continua a reinvestire nell’usura i proventi delle attività illecite, hanno un passato criminale di tutto rispetto nell’Agro. Salvatore Sorrentino, condannato a 30 anni di reclusione, nel maxi processo “Maglio”, era anche il proprietario del bene – mai utilizzato – confiscato dalla magistratura nel 2008 e affidato al Comune. Salvatore Sorrentino è lo zio omonimo dell’uomo che Loreto indica come colui che ha fatto campagna elettorale per Aliberti. Quella palazzina situata in una traversa di via Aquino, a poche centinaia di metri dalla stessa casa del primo cittadino, è una spina nel fianco dell’amministrazione. Doveva diventare un centro di aggregazione per giovani e disabili: questo il proclama del primo cittadino nel 2008. Poi per anni non se n’è più parlato fino a quando è stato inserito nel progetto “You and me” per il quale il Comune avrebbe avuto accesso ad un finanziamento europeo di 200mila euro. Ma nel frattempo quella palazzina è diventato un immobile fatiscente, sul quale l’amministrazione non ha puntato. Pasquale Loreto, alla fine di quel verbale del settembre 2011, si riservò di raccontare nei dettagli ciò che aveva appreso a proposito dell’amministrazione comunale scafatese, retta allora come oggi, dal sindaco Angelo Pasqualino Aliberti. E chissà se le sue dichiarazioni saranno – come fu nel 1993, anno in cui fu sciolto per infiltrazioni camorristiche il consiglio – la spina dorsale di un’inchiesta sulle commistioni tra politica e camorra a Scafati. Rosaria Federico L'articolo ESCLUSIVA. Il pentito racconta: “Così i clan fecero votare Aliberti” sembra essere il primo su Cronache della Campania.

Omicidio del diacono, l’accusa chiede la condanna per sei imputati

Latina/Torre del Greco. Omicidio Barlone: chiesti tre ergastoli e tre condanne a 20 anni di reclusione. Rito abbreviato per sei delle persone coinvolte nell’omicidio dell’ex diacono di Monte San Biagio, Patrizio Barlone. Nei giorni scorsi il pm Valerio De Luca ha chiesto l’ergastolo per Salvatore Avola, Carmine Marasco di Torre del Greco e Antonio Imperato di Ercolano, ritenuti gli esecutori materiali del delitto. Mentre l’accusa ha chiesto una condanna a 20 anni per Aldo Quadrino, l’imprenditore di Fondi, mandante del raid ai danni di Barlone, Vincenza Avola di Torre del Greco e Salvatore Scarallo di Napoli. Il Gup Laura Matilde Campoli deciderà sulla richiesta di condanna il prossimo 11 febbraio. Patrizio Barlone fu trovato morto nella sua abitazione di Monte San Giacomo a febbraio scorso: fu legato e imbavagliato e poi ucciso. Dietro il raid che inizialmente doveva essere una rapina c’era un debito di 25mila euro che Quadrino aveva contratto con la vittima. Le immagini delle telecamere di sorveglianza erano state determinanti nell’individuazione dei componenti della gang ingaggiata da Quadrino. Per i sei si sta svolgendo il processo con rito abbreviato. Il prossimo 11 febbraio si tornerà in aula e sarà la volta delle difese e della sentenza. L'articolo Omicidio del diacono, l’accusa chiede la condanna per sei imputati sembra essere il primo su Cronache della Campania.

Gli affari sotto copertura dei pentiti

“Io e Pasquale Loreto ci siamo sentiti spesso perché entrambi lavoriamo in delle concessionarie di auto. Quello a telefono straparla. Dice che solo lui capisce. Dice che conosce un sacco di gente”: Bruno De Vivo, ex sodale nell’organizzazione criminale della Nuova Famiglia, ha continuato a mantenere rapporti con l’amico fidato di sempre Pasquale Loreto. Lo intercettano le forze dell’ordine nel 2010, quando viene messo sotto controllo il telefono del ras di Scafati che da località protetta continua i suoi affari leciti e illeciti e i suoi rapporti con il figlio Alfonsino e i Ridosso di Scafati. Bruno De Vivo, dopo anni di silenzio, chiede di essere interrogato dal pm della Dda, Maurizio Cardea, nell’ambito di un procedimento aperto nei confronti del collega ‘pentito’ Pasquale Loreto. De Vivo, il paganese che anni prima aveva protetto la latitanza dello scafatese, decide di raccontare le ‘ultime malefatte’ del suo amico anche perché presuppone di essere di nuovo ‘attenzionato’ dalle forze dell’ordine per i suoi rapporti con Loreto. Ad aprile del 2010 in un breve interrogatorio spiega i motivi delle tante telefonate intercettate tra lui e Pasqualino Loreto. Il magistrato gli chiede spiegazioni di lunghe conversazioni nelle quali vengono indicate persone e luoghi. In quel periodo, Loreto ha avuto un problema serio per la vendita di un camper ad una donna. La compravendita è finita in malo modo e il figlio Alfonso con un il suo amico Ridosso va in Toscana dove la donna viene aggredita e picchiata, tanto da essere refertata in ospedale. L’episodio allerta la Procura locale che apre un fascicolo d’indagine sulle attività del pentito scafatese in località protetta e sulle ingerenze degli Scafatesi in Toscana. Bruno De Vivo conosce tutte le vicende dell’amico, viene aggiornato da Loreto sui suoi affari per la rivendita di auto che fa arrivare a dei rivenditori dell’Agro nocerino, ma mantiene rapporti anche con Enrichetta, la sorella dello scafatese che ha un ristorante proprio nella città dove ‘o luongo vive da anni sotto ‘copertura’. L'articolo Gli affari sotto copertura dei pentiti sembra essere il primo su Cronache della Campania.