Marano: il killer di Candela portò lo stipendio di 5mila euro alla moglie vedova

Qualche mese dopo il delitto il killer portò lo ‘stipendio’ – 5000 euro – alla vedova dell’affiliato al clan che egli stesso aveva ammazzato. E’ quanto emerge dal racconto di un collaboratore di giustizia che ha consentito di far luce sull’omicidio di Giuseppe Candela, soprannominato Peppe tredici anni, con l’emissione di quattro ordinanze di custodia, una delle quali nei confronti del boss di Marano, Giuseppe Polverino. Candela, affiliato ai Polverino, fu ucciso per ordine del boss del suo clan, per una serie di sgarri nei confronti di esponenti dell’organizzazione: è lo scenario del delitto ricostruito dalle indagini dei pm della Dda di Napoli, Henry John Woodcock e Maria Di Mauro, coordinati dai procuratori aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli. Esecutore materiale dell’omicidio sarebbe stato Giuseppe Simioli, latitante, e destinatario di una delle quattro misure cautelari emesse dal gip Rosa De Ruggiero. Un contributo importante alle indagini è stato offerto dal pentito Biagio Di Lanno che avrebbe procurato al killer il motorino utilizzato da Simioli per l’omicidio avvenuto a Marano il 15 luglio 2009. Quando Candela fu ucciso, ha riferito Di Lanno, era ancora ”stipendiato” dal clan con 2000 euro al mese. ”Una settimana dopo il delitto – ha dichiarato il pentito ai pm – Giuseppe Simioli inviò Antonio Granata a casa della moglie di Candela alla quale fece portare 5000 euro. E diede incarico a Granata di dire alla signora che lui non sapeva chi avesse ucciso il marito e che si sarebbe adoperato per scoprirlo. Per tutta risposta la signora disse a Granata che sapeva benissimo che ad ammazzare il marito era stato Peppe Simioli aggiungendo che gli avrebbero potuto dare un’altra possibilità. Dopo qualche mese alla moglie di Candela sono stati dati altri 5000 euro in mia presenza”.

(nella foto a sinistra la vittima, Giuseppe Candela, a destra il killer, Giuseppe Simioli)

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