Cocaina in caserma, arrestati 4 bersaglieri a Caserta

I carabinieri tra Caserta e Roma hanno arrestato quattro militari dell’Esercito in servizio presso l’VIII brigata Bersaglieri di Caserta, e notificato a un quinto una misura di divieto di dimora nell’ambito di una inchiesta su uno spacio di droga in caserma. Le misure cautelare emesse dal gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono per Luigi Santonastaso, ora in carcere; la sua compagna Roberta Rossini, militare con ferma provvisoria di 4 anni, Luigi Belvedere e Patrizio Caserta, agli arresti domiciliari; e per Lello Giove, che non puo’ abitare ora nel Casertano. I cinque devono rispondere di falsita’ materiale commessa da pubblico ufficiale, corruzione, detenzione, offerta e messa in vendita, nonche’ cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti.L’indagine, che abbraccia un periodo che va dal febbraio 2014 al marzo 2015, ha consentito, attraverso intercettazioni telefoniche ma anche servizi di osservazione, pedinamento e sequestri apparentemente occasionali di sostanze stupefacenti, di accertare come i militari arrestati avessero avuto, all’interno della caserma, la disponibilita’ di ingenti quantitativi di cocaina che veniva venduta all’interno della medesima struttura militare a commilitoni. Secondo quanto appreso, il capo del gruppo era il caporal maggiore Luigi, Santonastaso, con la determinante collaborazione della propria compagna. I militari dell’Arma sono risaliti alla rete di approvvigionamento della cocaina, persone del territorio di Maddaloni e Caivano. Secondo le accuse, Santonastaso, inoltre, corrompendo colleghi, riusciva a ottenere l’alterazione dei risultati dei drug test disposti dal Comando nei confronti dei militari sospettati di fare uso di sostanze stupefacenti. Sia lui che Roberta Rossini sono stati trovati in possesso, nel corso delle indagini, di numerose dosi di cocaina e crack. Il Comando aveva disposto drug test per Rossini. Per alterare i risultati, Santonastaso e i suoi complici o si procuravano una provetta di urina ‘pulita’ da sostituire, al momento opportuno, con la propria, approfittando della distrazione o della connivenza del personale sanitario addetto; oppure davano 200 euro a militari con la qualifica di Assistente Sanitario come Giove e Belvedere che provvedevano a modificare i risultati dell’esame direttamente presso il laboratorio dell’Ospedale militare di Caserta. La falsificazione dei risultati e’ provata da conversazioni via Whatsapp, ma anche dall’estrazione di Dna dai drug test ‘puliti’, risultato non compatibile con quello delle persone che dovevano effettuare l’analisi.

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