Usura a Ercolano: condannati i porticesi Di Buono e Lucarella, i complici di Fiengo

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Giro di usura a Ercolano in cui è coinvolto anche il fratello del vice sindaco Luigi Fiengo: arrivano le prime condanne. Ieri infatti il gup Livia De Gennaro del Tribunale di Napoli ha emesso la sentenza nell’ambito del processo con il rito abbreviato scelto da due tre tre indagati. Antonio Lucarella è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione mentre Ciro Di Buono a 3 anni e 3 mesi.Nicola Fiengo invece è attualmente costretto all’obbligo di dimora in attesa di che si decida sulla sua posizione. I tre furono colpiti nel luglio dello scorso anno da un’ ordinanza di custodia cautelare con ‘accusa di usura. Prestavano soldi a commercianti e imprenditori della zona che si trovavano in difficoltà economiche praticando tassi del 6 % mensile. Il giro di usura fu scoperto grazie alle denunce del titolare di una concessionaria di auto e un commerciante di abbigliamento. Antonio Lucarella, pensionato, residente a Portici era rimasto già coivolto in altre inchieste di usura. Ciro Di Buono, anche egli di Portici, ma incensurato è titolare di un salone di barbiere in via Diaz. Nicola Fiengo è uno dei quattro fratelli dell’impero di “F.lli Fiengo” leader di settore nella produzione, lavorazione e trasformazione di prodotti in ceramica, in pietra anche lavica, in granito e in marmo e similari. Per Lucarella e Di Buono l’accusa è di avere prestato 5.500 euro nel 2008 e di avere poi preteso un corrispettivo di 12.500 euro comprensivi di due orologi dal valore di 3mila euro per soli 16 mesi di interessi. Successivamente per un prestito di 2.700 euro si sarebbero fatti ridare, nell’ arco di un mese, interessi di natura usuraria per 3mila euro. Nel 2012 su di un ulteriore prestito di 7.500 euro avevano estorto al commerciante nel corso di soli due anni una cifra di circa 14mila euro. Più articolata la vicenda che vede coinvolto Nicola Fiengo, fratello maggiore dell’attuale, vicesindaco della città di Ercolano, Luigi. Ai danni del titolare della concessionaria, in corrispettivo di un prestito di denaro di 40mila euro nel 2013 si faceva promettere 10mila euro di interessi entro i quattro mesi successivi. Un nuovo prestito di 50mila euro costringeva il richiedente a intestare un terreno del valore del bene stimato intorno ai 270mila euro, conseguendo vantaggi usurai per 220mila euro, ed ancora si faceva dare un suv e una utilitaria Fiat, quest’ultima intestata alla figlia di un suo dipendente. La vittima fu successivamente pressata con altre richieste fino a quando decise di denunciare. Il gup ha anche condannato Lucarella e Di Buono a risarcire per 25.000 euro alle parti civili costituitesi nel processo.

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