C’è anche il nome di un insospettabile parroco che fungeva da “trasportatore” dei capitali della famiglia Moccia all’estero, ovvero a San Marino, tra le 736 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata l’altro giorno del gip Tommaso Parrella e che ha portato in carcere 45 tra boss e gregari di uno dei clan più potenti della camorra campana. Si tratta di don Salvatore Barricelli, parroco della chiesa di Santa Maria della Sperlonga di Caivano. Il parrocco, che la momento non risulta indagato, secondo l’accusa, trasportava somme di danaro assieme al poliziotto Salvatore Zimbaldi (uno dei due arrestati nel blitz Leviathan), assistente capo in servizio prima in Prefettura, poi alla squadra mobile, quindi alla Digos (ha anche fatto parte della scorta di Stefano Caldoro quando questi era presidente della Regione): entrambi, infatti, sono insospettabili e possono trasportare grosse somme di denaro per conto dei Moccia senza rischiare di essere fermati e controllati. Il 14 gennaio del 2012 il sacerdote è in auto con con un’altra persona. Salvatore Zimbaldi lo chiama e gli riferisce del viaggio assieme al parroco. Pochi minuti dopo, Zimbaldi riferisce al l’uomo che è con lui in un’altra auto, Enrico Petrillo: “Il primo -è scritto nell’ordinanza- precisava che il religioso veniva utilizzato come strumento per trasportare capitali all’estero (Repubblica di San Marino) occultandoli sotto l’abito talare e che l’uomo, prima di chiederlo al prelato, aveva chiesto allo stesso Zimbaldi di accompagnarlo”. Il poliziotto commenta: “Loro vanno e vengono da San Benedetto, ed allude, secondo la polizia giudiziaria che trascrive, al fatto che portano qualcosa, che vanno a San Marino e che il prete sotto la sottana con tutti i bottoncini è bello”. Petrillo, scrive ancora la polizia giudiziaria, intuendo, chiede che cosa sappia il prete. E Zimbaldi risponde “che lui lo vede, quello che ha sotto la veste”. Petrillo a quel punto domanda se (i soldi) li tenga proprio lui e il suo interlocutore conferma.
In un’altra intercettazione ambientale è proprio Zimbaldi ,che amava pubblicare su Facebook i suoi scatti assieme alla famiglia Moccia). nell’ordinanza infatti è pubblicata una foto con tutta la famiglia Moccia al completo , da Anna Mazza, Antonio Moccia, Luigi Moccia e le molgi compresa quella di Angelo)a rivelare ad Enrico Petrillo come trasporti consistenti somme di denaro per conto del clan. Petrillo si accorge del denaro (200.000 euro) e, stupito, chiede ragguagli all’amico con il quale è in auto: “Questi da quanto tempo ce li hai, questi cosi addosso, da quando sia mo partiti da casa? Sì, mannaggia ‘a capa tua, e noi sia mo andati nell’area di servizio, mi vuoi far rimanere almeno nella macchina!”. Zimbaldi spiega che si deve mostrare sciolto “se no quelli ti osservano”: si riferisce, annota la polizia giudiziaria, ad eventuali colleghi che potrebbero controllarlo. E aggiunge: “Li tenevo addosso, non li tenevo in tasca, tutti a mazzettini. Quelli sono tutti a mazzettini avvolti… 200.000 euro non sono niente”.