Camorra, la frammentazione dei clan nella zona Vesuviana e in quella Costiera nella relazione della Dia

La relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia sui clan della camorra di Napoli e provincia evidenzia una forte frammentazione nella zona Vesuviana e nei comuni della fascia Costiera. Ecco quanto viene evidenziato nella relazione.
Napoli Provincia Orientale
Nola, Saviano, Piazzolla di Nola, Marigliano, Scisciano, Liveri, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, San Paolo Belsito, Brusciano San Vitaliano, Cimitile, Mariglianella, Castello di Cisterna, Pomigliano
d’Arco, Cicciano, Roccarainola, Somma Vesuviana, Cercola, Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio, Sant’Anastasia, Pollena Trocchia.
Nell’area vesuviana non si registrano significativi mutamenti della geografia criminale. Permane la leadership della famiglia FABBROCINO di San Gennaro Vesuviano, comune situato al confine con la zona orientale di Napoli. Il sodalizio estende la sua influenza anche a Nola, Ottaviano, Palma Campania e San Giuseppe Vesuviano, aree storicamente caratterizzate da una pervasiva presenza mafiosa di clan che ha, tra l’altro, portato allo scioglimento di diversi Consigli Comunali per infiltrazioni mafiose. Nel decreto di scioglimento del comune di San Gennaro Vesuviano, di febbraio 2018, si legge, ad esempio, che il gruppo FABBROCINO “noto per la capacità di travalicare i confini del proprio territorio, viene ritenuto tra i cartelli più pericolosi per la propria abilità organizzativa e imprenditoriale, agendo abitualmente senza alcun clamore”. Il sodalizio in parola è collegato alla cosca CAVA, originaria di Quindici (AV), operativa nei comuni di San Vitaliano, Scisciano, Cicciano, Roccarainola, tramite la famiglia SANGERMANO, i FABBROCINO sono altresì collegati al gruppo BATTI, detto dei Milanesi, presente sia a San Giuseppe Vesuviano, sia a Terzigno. In quest’ultimo comune agisce anche il clan SCARPA, emanazione del cartello VANGONE-LIMELLI-GALLO di Torre Annunziata (NA). La famiglia SCARPA è collegata al gruppo GIUGLIANO, operativo a Poggiomarino e Striano. A Somma Vesuviana, già feudo del gruppo D’AVINO, l’assenza
di criminali di spessore sembra aver favorito l’espansione dei gruppi CUCCARO, RINALDI e MAZZARELLA, dell’area orientale di Napoli. Questi gruppi, attraverso pregiudicati locali, avrebbero assunto il controllo degli affari illeciti sul territorio: i CUCCARO e i RINALDI appoggiando la famiglia D’ATRI; i MAZZARELLA la famiglia DE BERNARDO. Nel comune di Sant’Anastasia opera il clan ANASTASIO, con propaggini nel territorio di Cercola e Pomigliano d’Arco, antagonista del citato gruppo D’AVINO. A Marigliano opera il clan dei cosiddetti “Mariglianesi”, con ramificazioni a San Vitaliano, Mariglianella, Castello di Cisterna, Brusciano, Somma Vesuviana. Il sodalizio è composto da pregiudicati provenienti dalle fila del clan MAZZARELLA e da pregiudicati locali (i cd. Paesani), la cui convivenza non è sempre pacifica, per le ambizioni di supremazia dell’uno o dell’altro gruppo. La complessa evoluzione degli assetti criminali è delineata in un provvedimento cautelare del luglio 2018. Numerose operazioni hanno riguardato, poi, traffici di stupefacenti riconducibili ad organizzazioni locali, risultate in contatto con sodalizi di altre zone. Una di queste, condotta dai Carabinieri, si è conclusa ad ottobre, con l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 73 persone (operazione “White stone” ), indagate per traffico internazionale di stupefacenti ed altri gravi reati. Le acquisizioni investigative hanno consentito di individuare cinque distinte organizzazioni criminali, collegate per il rifornimento degli stupefacenti (in particolare, cocaina e crack). I gruppi operavano in numerosi Comuni dell’Agro vesuviano e nolano, nei quartieri napoletani di Scampia, Miano e Secondigliano, nel casertano e in provincia di Avellino, ad Avella. Una di queste associazioni, con base a Marigliano, è risultata in contatto con esponenti dei gruppi VOLLARO di Portici ed ASCIONE di Ercolano. Nello stesso mese, un’analoga attività ha rivelato l’operatività, a Brusciano, di un’organizzazione diretta da un pregiudicato, definito da diversi collaboratori di giustizia come “uno dei maggiori trafficanti campani, “formatosi” tra le fila dello storico clan napoletano STOLDER, in grado “di approvvigionare da solo il “Parco Verde” di Caivano, oltre ad altre piazze minori dei comuni di Brusciano,
Castello di Cisterna e Somma Vesuviana”. Costui faceva arrivare partite di droga fatte transitare prima per la Spagna, l’Olanda e la Germania.
Sempre nel comune di Brusciano si segnala il ferimento di due pregiudicati, con attentati avvenuti rispettivamente il 9 e il 3 novembre, ed il rinvenimento di numerose armi occultate nel vano di un ascensore. Nel restante territorio della provincia orientale non si rilevano profondi mutamenti. A Pollena Trocchia si confermano segnali di ripresa del sodalizio ARLISTICO-TERRACCIANO ed il suo tentativo di spingersi verso i comuni
di Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio.
Napoli Provincia Meridionale
San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano, San Sebastiano al Vesuvio, Torre del Greco, Torre Annunziata, Boscoreale, Boscotrecase,
Pompei, Castellammare di Stabia, Sant’Antonio Abate, Pimonte, Agerola, Penisola Sorrentina. Casola di Napoli, Lettere.
Permane il pressante controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali locali, tra le quali figurano alcuni tra i gruppi più importanti del panorama delinquenziale campano. È quanto emerge dall’operazione “Olimpo”, condotta dalla Polizia di Stato, conclusasi nel mese di dicembre, con l’emissione di provvedimenti cautelari a carico di affiliati a storiche famiglie camorristiche, tra loro alleate: D’ALESSANDRO, CESARANO, DI
MARTINO e AFELTRA. L’indagine ha evidenziato la costante pressione estorsiva in danno di imprenditori, negozianti e professionisti, che i citati gruppi hanno continuato ad esercitare nei territori di rispettiva competenza, nonostante le diverse indagini che, negli anni, hanno inciso sui rispettivi organici. Un ruolo centrale nell’associazione criminale sarebbe stato assunto da un imprenditore, condannato in passato per essersi fittiziamente intestato
il Castello Mediceo di Ottaviano (NA) di CUTOLO Raffaele, capo della NUOVA CAMORRA
ORGANIZZATA (N.C.O.). Il professionista si sarebbe prestato a fungere da mediatore tra le vittime delle richieste estorsive e i clan, ai quali, peraltro, lui stesso versava  periodicamente somme di denaro per svolgere in assoluta tranquillità la sua attività imprenditoriale. Un esempio dell’arroganza dei gruppi locali e del consenso che raccolgono
in parte della popolazione, viene da quanto accaduto a Castellammare di Stabia, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, durante la festa religiosa dell’Immacolata, in occasione della quale si accendono dei falò. Nel celebrare questo rito, nel quartiere Aranciata Faito è stato collocato un manichino con uno striscione riportante la scritta: “pentiti bruciate”.
Per quanto riguarda la dislocazione dei gruppi sul territorio, a San Giorgio a Cremano è operativa la famiglia LUONGO, legata al sodalizio ASCIONE-PAPALE di Ercolano. Al vertice della stessa figura un pregiudicato inserito nel clan D’AMICO di Napoli, che opera nel comune in argomento quale espressione del gruppo di appartenenza e dell’alleato sodalizio MAZZARELLA del quartiere San Giovanni a Teduccio di Napoli. La famiglia
LUONGO, avvalendosi anche di sodali residenti nell’area metropolitana, avrebbe assunto il controllo delle attività illecite, approfittando della detenzione in carcere dei maggiori esponenti dei clan TROIA e ABATE, storicamente dominanti sul territorio. Da San Giorgio a Cremano i LUONGO avrebbero, inoltre, esteso i loro interessi a Portici, cooptando affiliati dai gruppi locali. Ciò allo scopo di esautorare la famiglia CASTALDI – emanazione del clan
VOLLARO, un tempo egemone a Portici – dalla gestione delle varie piazze di spaccio.
In tale contesto si collocano due attentati, verificatisi a Portici, il primo il 9 agosto 2018, quando sono stati esplosi colpi di arma da fuoco contro il cancello del parco dove è situata l’abitazione del capo della famiglia LUONGO; il secondo, il giorno successivo, nella medesima strada di Portici, dove è stata incendiata un’auto parcheggiata
di fronte all’abitazione della famiglia CASTALDI. Le tensioni nel citato Comune di Portici si registrano già da inizio anno: a metà gennaio sono stati esplosi alcuni colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione del figlio del capo del clan VOLLARO, poi arrestato il 21 febbraio 2018; nel mese di maggio si è, invece, verificato il tentato omicidio di un pregiudicato.
A San Sebastiano al Vesuvio non si registrano mutamenti degli equilibri criminali tra i gruppi locali, rappresentati dal clan PISCOPO e da soggetti legati al sodalizio ARLISTICO-TERRACCIANO. Ad Ercolano operano, in contrapposizione tra loro, le storiche famiglie ASCIONE-PAPALE e BIRRA-IACOMINO, capeggiate dalle nuove generazioni, in conseguenza della detenzione dei vecchi capi clan. Al riguardo, si richiama la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, del 9 novembre 2018, che ha confermato la condanna all’ergastolo del capo del gruppo BIRRA e di un suo fedelissimo, per due omicidi commessi nel 2000 ad Ercolano.
L’arresto per estorsione, aggravata dal metodo mafioso, avvenuto il 30 novembre 2018, del reggente del clan ASCIONE, figlio del defunto capo clan, insieme ad altri tre affiliati, testimonia la piena operatività del clan. A Torre del Greco, seppur fortemente depotenziata, è tuttora presente la famiglia FALANGA. Sul territorio sono anche operativi, nella vendita di stupefacenti e nelle estorsioni, gruppi emergenti e elementi contigui al sodalizio
ASCIONE-PAPALE.
A Torre Annunziata esercitano un ruolo di primo piano i contrapposti gruppi GIONTA e GALLO (nonostante una contrazione degli organici conseguente agli arresti), che possono contare sia su eredi diretti delle due famiglie, sia su storici affiliati, che mantengono inalterata la pressione criminale sul territorio. I GIONTA sono collegati al clan D’ALESSANDRO di Castellammare di Stabia e al sodalizio NUVOLETTA di Marano. Sul territorio si è affacciato alla ribalta un gruppo di pregiudicati, capeggiati da un componente della famiglia PADUANO, legata al gruppo GIONTA, che appellandosi come “Terzo Sistema”, avrebbe avviato una “campagna di annientamento” delle frange di giovani che tentano di acquisire il controllo della attività illecite. A tale clima sarebbero riconducibili
una serie di atti intimidatori, succedutesi dal mese luglio. Altri gruppi locali, allo stato in difficoltà operative, sono i clan TAMARISCO, alias i “Nardiello”, il gruppo CHIERCHIA,
alias i “Fransuà”, operativo nella zona c.d. della Provolera, e VENDITTO, alias i “Bicchierini”, gli ultimi due legati ai GIONTA. E’ infine presente il gruppo DE SIMONE, alias i “Quaglia Quaglia”, dedito, come gli altri sodalizi, al traffico internazionale di stupefacenti.
A Boscotrecase e Trecase opera il sodalizio GALLO-LIMELLI-VANGONE, con proiezioni anche a Boscoreale. In quest’ultimo comune permane la presenza dei sodalizi ANNUNZIATA-AQUINO, VISCIANO e PESACANE. A Castellammare di Stabia permane il clan D’ALESSANDRO, la cui roccaforte è da individuarsi nel quartiere collinare di Scanzano.
Altri sodalizi presenti a Castellammare di Stabia sono: il gruppo IMPARATO, subordinato ai D’ALESSANDRO, che gestisce le piazze di spaccio nel Rione Savorito; la famiglia CESARANO del Rione Santa Caterina, con proiezione anche nel confinante comune di Pompei; il clan DI SOMMA, antagonista dei D’ALESSANDRO, che tenta di affermare la propria autonomia nel quartiere Santa Caterina. A Gragnano e Pimonte, la gestione delle attività criminali
è appannaggio del gruppo DI MARTINO, un clan a prevalente composizione familiare, dedito alla coltivazione, traffico e spaccio di marijuana. Il sodalizio è alleato con i D’ALESSANDRO. Uno dei figli del capo del clan DI MARTINO figura tra i destinatari dell’ordinanza conseguente all’operazione “Olimpo”. Risulta latitante,
per essersi sottratto all’esecuzione del provvedimento, analogamente al capo del gruppo AFELTRA, operativo nei comuni di Pimonte ed Agerola. I Comuni di Agerola e Pimonte fanno parte della comunità montana dei Monti Lattari, noti alle cronache come
“Jamaica italiana”, per la coltivazione su vaste parti del territorio di piante di marijuana. Ogni anno vengono, infatti, scoperte e distrutte numerose piantagioni, innestate su zone impervie e difficilmente raggiungibili ma con caratteristiche morfologiche che si prestano a fornire un prodotto di qualità. Nel mese di aprile 2018, il GIP presso il Tribunale de L’Aquila ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare a carico di un’organizzazione criminale,
che aveva “esportato” quel sistema di produzione in alcuni campi della Marsica (AQ), in particolare nella zona del Fucino. Quel sodalizio era già stato oggetto di un analogo provvedimento per alcune coltivazione di marijuana scoperte, in passato, nei Monti Lattari540. Nel mese di novembre 2018, alcuni pregiudicati sono stati colpiti da
una nuova ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP presso il Tribunale di Torre Annunziata, perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’organizzazione gestiva lo spaccio di droga tra Casola di Napoli, Lettere, Torre Annunziata e San Rufo (SA), in particolare di cocaina e marijuana,
quest’ultima proveniente dai Monti Lattari.
Cronache della Campania@2019

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