I carabinieri corrotti erano al servizio del clan Puca: la Dda voleva l’arresto per camorra, respinta dal gip

La Procura di Napoli ha chiesto la misura cautelare anche per concorso esterno in associazione mafiosa e altre ipotesi di reato nei confronti dei carabinieri arrestati oggi, ma la richiesta non è stata accolta dal giudice. La Procura però ha proposto appello. Le indagini hanno evidenziato la sistematicità e la spregiudicatezza delle condotte, ritenute particolarmente gravi. E’ emerso praticamente un vero e proprio asservimento nei confronti dei clan della zona di Sant’Antimo, i Puca, in particolare nei confronti di Pasquale Puca (in carcere al 41bis), anche da Francesco di Lorenzo, finito ai domiciliari, che è stato anche presidente del Consiglio comunale di Sant’Antimo. I carabinieri arrestati consentivano, secondo gli investigatori, l’immunità alla camorra locale. La ricostruzione dei fatti è stata avviata grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia. E’ emersa anche una attività di dossieraggio e un vero e proprio attentato nei confronti di un maresciallo, Giuseppe Membrino, che si opponeva con tutte le sue forze al clan Puca, nelle indagini della DDA che oggi hanno portato ai domiciliari cinque carabinieri mentre per altri tre il gip ha disposto la sospensione per un anno. Il maresciallo, particolarmente attivo nella lotta alla camorra di Sant’Antimo, venne pedinato e ripreso mentre si incontrava con una donna, sua informatrice. Le registrazioni vennero poi fatte recapitare nella cassetta della posta dell’abitazione del militare. Ciononostante l’attività del maresciallo è continuata con la stessa intensità. Ed è stato così che il clan ha poi deciso di far esplodere sotto la vettura del carabiniere una potente bomba carta. Questo episodio ha indotto l’Arma dei Carabinieri a disporre il trasferimento del maresciallo, per tutelare la sua incolumità.

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