Avellino, fidanzati assassini, Elena in aula: “Di lui non mi fidavo”

Avellino. “E’ passato un anno e ci penso sempre. Ancora non riesco a spiegarmi come sia potuta succedere questa cosa”.

Elena Gioia ha compiuto da poco 19 anni. Ne aveva 18 quando con il fidanzato Giovanni Limata, 23 anni allora, per i pm decise di uccidere il padre Aldo Gioia, mentre dormiva sul divano di casa. Era il 23 aprile dello scorso anno. I due ragazzi sono comparsi oggi di fronte alla corte d’Assise di Avellino per ricostruire il delitto nell’appartamento di corso Vittorio Emanuele.

Elena è arrivata in aula con le manette ai polsi e d è stata fatta sistemare accanto al suo legale, mentre Giovanni era già nel gabbiotto. Un modo per evitare che i due ex fidanzati possano scambiarsi sguardi e condizionarsi nell’udienza piu’ importante del processo.

Lei, incalzata dalle domande del suo legale,  ha ricostruito la storia con Giovanni cominciata nel 2019. Si scambiavano 870 messaggi al giorno, e “dormivamo insieme”, ha raccontato, ma in videochiamata. Mai avuto rapporti intimi: “Io non volevo, non mi fidavo”.

Il racconto della ragazza e sui suoi sensi di colpa, “perche’ lui mi diceva che non gli davo quello che voleva”, sull’aggressivita’ di lui, “che minacciava anche di farsi male per farmi sentire in colpa”, ai litigi sempre piu’ frequenti e ai ritorni di fiamma, che le sue amiche e la sua famiglia deprecavano. Fino al giorno in cui Elena Gioia esce di casa per buttare la spazzatura e apre la strada al fidanzato armato di un coltello, che sferrera’ 14 coltellate al suocero.

La parola omicidio non viene mai pronunciata, e neppure ‘morte’. Ma Elena scoppia in lacrime protetta da un sipario, e chiede scusa alla sua famiglia, ai fratelli del padre che sono in aula e sono parte civile contro di lei e l’ex fidanzato, alla madre e alla sorella Emilia. “Spero che un giorno riusciranno a perdonarmi”, ha detto.

Poi pero’ il tono è cambiato, quando il legale di Giovanni Limata ha cominciato a fare domande. E’ tutto un “non ricordo”, perche’ era per lei un periodo difficile. “Prendevo psicofarmaci – ha raccontato Elena – perche’ avevo scoperto di avere una fibromialgia. Ero molto stressata e non ricordo”.

I vuoti riguardano soprattutto il momento del delitto, la preparazione dello zaino per fuggire, le cose che i due ragazzi si sono detti prima di salire. Ricorda pero’ bene il momento in cui e’ uscita dalla sua stanza, sentendo le urla del padre. “Fu istintivo – ha detto – come se mi fossi svegliata, perche’ quello che era successo prima era tutto surreale”.

Avellino, fidanzati assassini, Elena in aula: “Di lui non mi fidavo” di Rosaria Federico / Cronache della Campania

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